Il circo capovolto
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banale, attore sempre uguale. regia così così. il libro invece da cui è tratto lo spettacolo è meraviglioso... peccato averlo ridotto a uno spettacolo così
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Uno spettacolo che ti rapisce fin dalle prime battute, ti trascina in un vortice di emozioni e ti costringe a fare i conti con le tue ombre più profonde. Interpretato da un Magico Andrea Lupo. Da non perdere.
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come afferma M. Aime "tra un’idea di uguaglianza astratta e l’erezione di barriere culturali che si presumono insormontabili non c’è il nulla: c’è quella vasta striscia di terra di nessuno che, proprio perché è <>, consente il dialogo tra gli individui. Invece di esaltare le diversità o di condannarle - oppure di tentare, a fin di bene, di renderle tutte uguali - sarebbe forse meglio spostarsi tutti, più frequentemente, in questa terra di nessuno, accostandosi gli uni agli altri." Questo spettacolo ci offre proprio una preziosa occasione per spostarci in quella "terra di nessuno" avviandoci al dialogo con una delle tante minoranze presenti nel nostro paese che il testo e l'ottima interpretazione dell'attore rappresentano fedelmente...da non perdere!
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Bello, coraggioso e commovente, non si assiste e non si guarda soltanto ma si entra nella storia e anche se la sofferenza è tanta rimane la speranza e la voglia di vivere.
Magico Andrea Lupo, che riesce con naturalezza ad interpretare un ungherese che parla italiano senza perdere passione e intensità. Io i bambini sul palco li ho visti ... eppure era un monologo.
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Spettacolo intenso, commovente,coinvolgente.L'interpretazione di Andrea Lupo è straordinaria.Vedere!
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Da non perdere! Uno spettacolo che arriva dritto al cuore... Incredibile l'eccezionale capacità di Andrea Lupo di avvolgere il pubblico come in un -vortice di vento- e di trascinarlo con lui nel rivivere colori, emozioni, profumi e atmosfere.
Una scenografica umile, semplice ma efficace al servizio della grande potenza evocativa di un attore bravissimo. Da questi elementi si sprigiona un mix di suggestioni e immagini, che tra un sorriso e una lacrima, rimangono impressi nel cuore, nell'anima e negli occhi dello spettatore anche a termine dello spettacolo.
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Spettacolo che ti lascia senza fiato e desidereresti non finisse mai. Imperdibile
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uno spettacolo magico, coinvolgente ed emozionante come ormai capita troppo raramente. Col fiato sempre sospeso si ride e ci si commuove grazie ad un bel testo, una regia curata e intelligente e un grande attore che con un'interpretazione essenziale quanto intensa riesce a trasportare il pubblico in un altro mondo. Rapisce l'anima e si deposita nel cuore come un piccolo gioiello da custodire. da non perdere!
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Un'interpretazione emozionante, una storia commovente. Uno spettacolo che non ha bisogno di scenografia perché l'italianissimo Andrea Lupo riesce a farti immaginare le persone, le cose, a tal punto da riuscire a vederle. Io ho sentito "freddo, tanto freddo"... ma mi ha scaldato il cuore! Da vedere
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La storia del Circo capovolto, non l'ascolti dalla voce di Andrea Lupo, ma la vivi con lui. Sono stata trasportata nel mondo di quest'uomo in fuga, nella sua vita e nella sua pietà. E' uno spettacolo intensissimo che emoziona fino alle lacrime e dipinge un quadro a tinte scure di un'anima ricca quanto sola.
Pagine
Sinossi
Un circo costretto in dieci scatoloni in attesa di liberare tutto il suo carico di storie, di umanità, di gioia e leggerezza. Un uomo in fuga che si racconta a un gruppo di bambini di un campo rom e lascia a loro in eredità tutta la storia della sua famiglia. Fra un trapezio, cinque clave e qualche vecchio costume quei bambini troveranno finalmente una nuova speranza di riscatto.
Uno spettacolo intenso ed emozionante. Un vortice in cui memoria, appartenenza, famiglia e sangue si mescolano a guerra, deportazioni, tradimenti, fughe e vendette.
Branko Hrabal è un trentacinquenne ungherese che dopo aver scoperto la vera storia
della propria famiglia, di origine rom e tradizione circense, decide di recuperare ciò che
resta del circo di suo nonno. Lo trova chiuso in dieci scatoloni nel fienile di quel László
che, tradendo la fiducia dei Hrabal, ha condannato l’intera famiglia alla deportazione e alla
morte nel campo di concentramento di Birkenau durante la seconda guerra mondiale.
Branko minaccia il vecchio László con una pistola per farsi consegnare gli scatoloni e, in
preda ad una tempesta di emozioni, finisce per ucciderlo. Non resta che la fuga. A bordo
del suo furgone, carico dei dieci scatoloni, Branko arriva in Italia, e si rifugia in un campo
nomadi alla periferia di una grande città. Qui inizia per lui una seconda vita in cui scopre
cosa voglia dire oggi essere rom. Qui conosce la rassegnazione e l’umiliazione di chi
sente di non essere più nessuno e da nessuna parte. Qui incontra un gruppo di bambini
curiosi e vitali che, costringendolo a raccontare la storia del circo chiuso dentro agli
scatoloni, gli danno l’opportunità di ripercorrere tutta la storia della sua famiglia. Nella
storia di Branko e negli attrezzi circensi, quei bambini trovano ispirazione, coraggio ed
una speranza per il loro futuro, tanto da riuscire a realizzare un vero e proprio piccolo
spettacolo di circo. Branko non crede ai propri occhi: la sua vita, l’epopea della sua
famiglia e quel poco che resta del famoso Kék Circusz di suo nonno Nap apó hanno
acceso negli occhi di quei bambini una luce di speranza che niente più potrà spegnere.
Ma il figlio di László arriva al campo per compiere la propria vendetta. Branko muore
colpito da sette pugnalate. Come da antica tradizione rom il suo spirito non può
intraprendere il viaggio verso l’aldilà, non può attraversare il lugubre ponte nero, prima di
aver fatto un bilancio della propria vita: cosa ha preso, cosa ha dato, cosa ha compreso e
cosa di lui è rimasto.
Lo spettacolo si svolge nell’alternanza continua fra una dimensione rarefatta e sospesa
in cui lo spirito di Branko vagando per il campo ha l’occasione di vedere quello che
succede al suo corpo e una dimensione più concreta, corporea e narrativa in cui lo spirito
di Branko quasi si trasforma in un abile sciamano in grado di rievocare personaggi e
storie del passato, un’acrobata della narrazione che incanta e stupisce un nuovo
pubblico nel suo personale e immaginario circo dell’aldilà.
Come Branko ha dovuto cercare di esprimersi in italiano per farsi capire dai bambini del
campo nomadi, così l’attore che interpreterà Branko dovrà rendere la difficoltà
linguistica di un ungherese che si sforza di parlare italiano.
La scena è così composta: sul pavimento sette lampadine a semicerchio delimitano lo
spazio scenico; su un lato, un vecchio grande scatolone di cartone, chiuso da due giri di
spago; sul fondo un muro rotto di una fabbrica abbandonata.
Lo spettacolo inizia nel momento in cui lo spirito di Branko, appena lasciato il proprio
corpo, si ritrova a vagare per il campo alla ricerca di un modo, di un tempo per fare un
bilancio della sua intera esistenza prima di affrontare il suo ultimo viaggio.
NOTE DI REGIA
Questo spettacolo arriva come il risultato di un percorso iniziato insieme all’autrice, Milena
Magnani, nel 2008, anno di pubblicazione del romanzo e dell’elaborazione di una lettura
drammatizzata che ha accompagnato in tutta Italia la presentazione del romanzo stesso.!
Lo spettacolo nasce, prima di tutto, dalla curiosità verso un popolo, quello Rom, che pur
vivendo all’interno della nostra comunità, non ne ha mai veramente fatto parte e ha
mantenuto nei secoli la propria identità pur mescolandosi e immergendosi in culture
diverse, fra popoli differenti. Le differenze sono il vero filo rosso di questo spettacolo.!
Differenze come valori aggiunti e non come ostacoli, non come limiti invalicabili, non come
pretesti per allontanarsi.
Differenze come occasioni, come opportunità, come incontri. Differenze fra le persone che
vivono all’interno dei campo; fra chi vive nei campi e chi vive fuori. Differenze fra chi arriva
nei campi e chi nasce già nei campi e da lì non ha nessuna speranza di andarsene.
Differenze fra chi non è neppure più in grado di immaginare una differenza per sè, per la
propria famiglia, per la propria gente e chi invece riesce ancora a vedere negli occhi
curiosi dei bambini una possibilità di futuro e forse di riscatto.
Andrea Lupo
Incontro il testo di Milena perchè me lo regala una mia giovane amica. Ha gli occhi ancora
rossi per la commozione e mi dice che è un romanzo “scritto apposta per te: parla di
bambini, circhi e campi Rom”. Inizio la lettura un po’ scettico: cosa c’entro io con questo
Branko, e con Senija, Ibrahim e il vecchio Nap apó e il suo strampalato Kék Cirkusz? E
mentre mi faccio queste domande leggo di padri e figli, di regole dure da rispettare e
giuramenti difficili da mantenere. Ed è una favola, ed è una parabola, ed è un romanzo, ed
è una confessione. Ed è ironico, ed è malinconico, ed è comico, ed è cattivo. Ed è
leggero, magico e ti si appiccica dentro facendoti vacillare, inesorabilmente.
E sembra proprio scritto per te.
Arrivo in fondo tutto d’un fiato e proprio in quel momento mi chiama Andrea Lupo e mi dice
“ho finalmente trovato il testo giusto per lavorare insieme”. Mi asciugo gli occhi e rispondo
d’un fiato: “Arrivo!”.
Andrea Paolucci
Di e con: Andrea Lupo Regia: Andrea Paolucci Musiche: David Sarnelli Luci e suoni: Andrea Bondi
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