La scuola non serve a nulla
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Sinossi
“Del film L’Attimo Fuggente, con Robin Williams, tutti voi ricordate il professor Keating e la straordinaria passione dei suoi innovativi metodi didattici. Nessuno ricorda mai che, a causa di quei metodi, alla fine il professore viene licenziato…”
Un professore di una scuola di frontiera viene sospeso dal servizio, anche se non si capisce bene perché. Metodi didattici troppo bizzarri? Può essere, ma come fare per provare ad accendere quel minimo sindacale di interesse in classi terremotate e poco “petalose”, cioè multirrazziali, multireligiose, multilinguistiche, multiproblematiche ma, soprattutto, monoimpreparate? Non è il Vietnam, questo no, ma sicuramente è un mondo senza Garroni e senza lieto fine, che a volte pare sorretto solo dall’eroismo dei singoli. Perciò ha senso mettere da parte il buon senso istituzionale e provare battere la strada del gioco, trasformando la classe in uno spettacolo di animazione. In fondo, una lezione non è una forma particolare di spettacolo? E quella del docente non è forse una declinazione dell’arte dell’attore? Fare il prof. nella “Buona Scuola”, in una pessima scuola di periferia, è una fatica di Tantalo, se sopravvivi, ne esci capace di recitare Ionesco all’Oktoberfest, affrontare Shakespeare tra i rutti del pubblico o rendere Pirandello interessante anche al pubblico di Martufello. Sì, osare, insomma. Anche troppo, a volte, davvero troppo, come si apprende, paradossalmente, dai suoi aneddoti esilaranti. Sapete com’è, “la classe non è acqua”. E il prof. racconta, con tutte le nevrosi di cui si carica chi affronta questo mestiere. E racconta anche del Web, delle tre “I” dell’innovazione scolastica (“Internet”, “Inglese” e “Il culo me lo faccio io”), di una generazione iperconnessa che non sa distinguere un cateto da un catetere, ma che sa googolare l’intera biblioteca di Babele, hackerare il conto corrente dell’intero corpo docente o filmare il prof. in classe per poi mettere il video in rete.
La scuola non serve a nulla è un viaggio tragicomico tra i paradossi della Scuola di ieri e della “Buona Scuola” di oggi, forse la peggiore riforma mai varata nella storia repubblicana. Già messe malissimo ieri, nelle aule di oggi scorrono insieme antiche rigidità burocratiche e nuove follie kafkiane. Fa ridere? Sì, parecchio. Fa ridere solo gli addetti ai lavori? Assolutamente no: se siete professori, studenti, genitori di studenti, nonni, zii, cugini, amici, conoscenti di professori o di studenti, o se studenti lo siete stati, allora è la vostra storia. L’autore Antonello Taurino, docente precario di giorno e attore altrettanto precario di sera, attinge infatti dalle sue dirette esperienze sul campo, così come Carlo Turati, che alterna l’insegnamento alla scrittura autorale. Perché se la scuola in macerie è la parabola più amara di un Paese allo sbando, l’unico riscatto che riusciamo a immaginare arriva dalla convinzione che nessuna riforma o burocrazia potrà seppellire (e nessuna tecnologia potrà sostituire) la relazione umana tra docente e studenti. La certezza che il docente, come ogni attore, è un soggetto vivo davanti ad altri soggetti vivi. Fino alla sorprendente e inattesa scelta finale…
di e con Antonello Taurino
scritto con Carlo Turati
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