Pedigree
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Molto coinvolgente
Ho riflettuto su un tema su cui non mi sono mai soffermata abbastanza
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Troppe parole
Parole estenuanti
La scena degli abiti: unico momento evocativo
Bastava quella
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Suggestivo! Ha catturato l'attenzione e tenuto sempre alta l'attenzione al monologo. Bravo!
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Molto bella la drammaturgia e la regia.
Trovo un po' ripetitiva la tecnica di recitazione.
Pagine
Sinossi
Pedigree è la storia di un giovane uomo, della sua famiglia con due madri, del padre donatore e dei suoi cinque fratelli di sperma sparsi per il mondo.
Pedigree racconta le difficoltà di una nuova generazione alle prese con genitori biologici e genitori di fatto, con nuove problematiche di identità e di coscienza.
Pedigree riflette sulle prospettive di determinate scelte, dei diritti, dei desideri, delle aspettative di una generazione in provetta alla ricerca di nuove radici e alle prese con nuove paure.
Un lavoro che è allo stesso tempo un pugno allo stomaco e una carezza, dotato di una scrittura che scivola leggera ma si attorciglia alle budella, carico di umanità.
Pedigree sono due uomini che abitano il palco, senza nessuna apparente relazione tra loro. A legarli le note di Elvis. Vivono un ambiente sospeso a metà strada tra una galleria d'arte e un locale di street food, paradigma di un mondo in cui è pretestuoso tracciare confini e linee di demarcazione.
Pedigree racconta di come le nostre dita corrano veloci su schermi e tastiere ma le nostre menti e i nostri costumi siano impregnati di quell'odore di naftalina che abbiamo ancora nel naso.
“(...) Un giovane uomo ripercorre la propria vita; ricostruisce, narrandolo, il proprio universo, le prime esperienze sensoriali fatte di «voci, odori, affetti, come quelli degli altri, niente di strano», si sofferma su alcuni episodi, come quello, significativo, in cui il compagno di classe, alla vista del problema di aritmetica, sposta l’accento dalla sua risoluzione all’evidenza della diversità dell’amico: l’esser figlio di una coppia omogenitoriale, una famiglia in cui lui, mamma Perla e mamma Marta non avrebbero potuto dividere equamente i polli. Due figure benevole queste: materne, candide, evocate dai due abiti bianchi da far dondolare al soffitto (...) il problema non è convivere con la diversità, ma il diritto all’esistenza del diverso. (...) In apertura, Enrico Castellani, (...) ancora prima di iniziare a parlare, prende quattro polli: li bacia, con fare quasi rituale li infilza su uno spiedo e li mette a rosolare. Non sappiamo ancora il nesso, ma il teatro suo e di Valeria Raimondi (che qui come sempre cura la regia) ci ha abituato a considerare l’indispensabilità del segno performativo rispetto a quanto accade in scena. Quei polli allo spiedo ritornano certo nelle parole, ma nel corso dei cinquanta minuti - di spettacolo e di cottura - con la loro presenza materica che colpisce olfatto e gusto, acquisiscono il peso della condivisione del disagio del protagonista. Proprio quell’odore a tratti nauseante rimarca un senso prima di tutto fisico, quindi concettuale. Allora la parola teatrale e popolare di Babilonia Teatri (...) non ha più bisogno nemmeno di essere sputata in faccia con violenza. Forse, in distacco da quella sonorità che li ha caratterizzati, la parola può essere anche dolce, cristallina, cullata, sempre mantenuta su un piano addirittura colloquiale, senza per questo smettere di avere su di sé la forza di un pugno nello stomaco”.
Viviana Raciti (teatroecritica.net)
di Babilonia Teatri
regia Babilonia Teatri
con Enrico Castellani
e con Luca Scotton
parole Enrico Castellani
cura Valeria Raimondi
luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton
direzione di scena Luca Scotton
un progetto di Babilonia Teatri
organizzazione Alice Castellani
scene Babilonia Teatri
costumi Franca Piccoli
foto di scena Eleonora Cavallo
produzione Babilonia Teatri
La Piccionaia - Centro di Produzione Teatrale
co-produzione Festival delle Colline Torinesi
Prossime date
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Scheda tecnica
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