Personale Politico Pentothal
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Bello spettacolo, originale nel linguaggio, nella sperimentazione tra teatro e rap e nella scelta del tema.
Del tutto condivisibile la riflessione dell'autrice sugli anni '70 l'oggi, la perdita del "collettivo".
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Parliamo tanto e sentiamo tanto parlare di coinvolgimento di nuove fasce di pubblico e poi vediamo in sala i soliti volti "scocciati" per il tentativo di portare qualcosa che parli non la solita lingua "teatrese alta".
Brava Marta.
Lavoriamo in questa direzione per non morire arrabbiati.
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Mi è sembrato di tornare ragazzo quando ascoltavo Guccini (che oggi compie gli anni)
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Molto originali e contemporanei. Spettacolari. Spaccate il culo sempre!
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Spettacolo molto bello e originale. Molto apprezzata l'unione con il rap.
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Contaminazione veramente RIUSCITA! Non sento il peso di una rabbia ma un nuovo spunto di riflessione. Straordinario il giocare con le parole.
Quasi provo invidia. Grazie
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Molto originale e interessante. Sperimentazione veramente riuscita, un mix di linguaggi armonici. Complimenti
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
L'invenzione del linguaggio è fantastica!
La contaminazione anche.
Continuate a sperimentare. BRAVI!!
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Superfinale! Complimenti a tutti! Bella la commistione di generi!
Pagine
Sinossi
Fitti fatti di fattanza raccontano di un'eroina fatta di eroina che cerca di disintossicarsi tramite una favolosa e favoleggiata cura del sonno. Ecco cosa.
Ispirata dall'imprevedibile tavolozza lessicale di Andrea Pazienza per questo racconto scenico in beat cercavo dei compagni virtuosi, pieni di talento e moderatamente dannati. Veloci, abili e audacemente contro. Ma soprattutto cercavo giovani autori. Li ho trovati. Sono rapper che non girano dalle parti del pop. Ecco chi.
Il teatro è lo spazio dell'ignoto. Il rap dice tutto quello che non si può dire. Entrambi devono parlare quando gli altri stanno zitti. Ecco perché.
(Marta Dalla Via)
La prima volta ero in una studentesca casa bolognese in attesa. Uno doveva risolvere un problema di quota d'affitto poi saremmo usciti; rotta Via del Pratello. Curiosa per casa apro a caso un volumino preso a caso da una mensola obliqua. La pagina si apre su Cenerentola 87 ed è subito stordimento. Chi è questo novello Sofocle? Come si permette di turbarmi così? Qui non c'è solo un disegnatore ma uno straordinario narratore. Che male. Così si fa. Andrea Pazienza.
Questo spettacolo è un omaggio al suo dizionario da-dapaz. Neanche ricalcando potrei disegnare come lui ma posso raccontarmi alla sua maniera: inventando parole, mescolandole al dialetto o alle lingue straniere, giocando sulla loro doppiezza, sul nonsenso, sul ritmo.
Ho immaginato una narrazione piena di spostamenti temporali, scambi di persona, imprecisioni e ribaltamenti tipico dell'attività onirica e molto presente ne "Le straordinarie avventure di Pentothal" miccia ispirante principale di questo gioco.
C'è una radio in sottofondo: interferenze rap, squarciagola Battisti, poliziotti e volanti, slogan made in ‘77, e ecco sono entrati e siamo con le mani alzate alla faccia del Bianconiglio. C'è questa ragazza che parla di lui e non risponde ad un telefono che suona perché potrebbe proprio essere lui.
Ma lui chi? Andrea Pazienza? Francesco Lorusso? Addirittura Stefano Tamburini che come ultimo disegno ha lasciato una sindone nera su un materasso?
In tutto questo dormire forse sognare arrivano in scena tre pacchi-regalo senza re magi: il talento (un pacco-dono), la roba (un pacco-pacco), la politica (un pacco-bomba).
Ho spesso associato l'attività onirica e quella teatrale per via dei loro genitori comuni: il buio e la luce e perché trovo che entrambe cerchino di raccontare in maniera artistica un contenuto contemporaneamente segreto e collettivo. Questo contenuto è difficile da leggere chiaramente perché, spesso, è tabù. Ma in incognito o in ghingheri. Anche la sconfitta credo sia un tabù contemporaneo. E qui di perdita a iosa se ne parlerà.
Personale, Politico, Pentothal. Le parole del titolo sono nodi di contenuto e il tentativo di scioglierli è lo spettacolo stesso. Tutto è una questione personale. Politico è da intendersi, soprattutto in questo lavoro, non solo come relazione tra cittadini ma anche come rapporto con la città.
C'è il mio personale affetto per Bologna che mi ha accolto e sfruttata quando ero studentessa, c'è il rapporto con la Storia che scorre (o scorreva?) nella Dotta e c'è una riflessione sulla parola "casa" che può essere declinata da tutti secondo la propria toponomastica emotiva. Ogni città ha la sua piazza Verdi.
Pentothal è uno degli alter ego grafici di Andrea Pazienza ma è anche un farmaco che libera i freni inibitori. Così sono i rapper su questo palco: non accettano censure. Ma il Pentothal può essere anche ingrediente dell'iniezione letale ai condannati a morte. E' l'anestesia al resto del mondo, è l'abbassamento delle difese immunitarie culturali ed è lo spirito in cui, purtroppo o per fortuna, è immerso questo lavoro.
Saremo come sonnambuli supereroi, doppiando Dumas, quarant'anni dopo.
“Ci sono momenti del vissuto che in alcuni ricordi lasciano cicatrici profonde, e qualche imbarazzo. Le vicende sono quelle dei sopravvissuti di una generazione in parte sacrificata dalla storia, consumata dalla droga; compressa e schiacciata tra talento, politica e vicende personali.
‘Personale Politico Pentothal. Opera rap per Andrea Pazienza’ è una storia di attraversamenti, che dal ’77 arriva fino ai giorni nostri. Già il sottotitolo tradisce la presenza in scena di alcuni rapper talentuosi e di un deejay alla consolle (tutti artisti di Gold Leaves, una realtà indipendente con base a Vicenza che promuove la musica hip-hop). I loro brani sono la faccia doppia e speculare dei ricordi che un’incontenibile Marta Dalla Via, in abito blu sgargiante e rossetto ipnotico, sputa dal palco. Una donna sola, al centro, si arrampica in un racconto onirico turbolento e affabulatorio. Alle sue spalle un altro personaggio, radiocronista che sgambetta la narrazione, con interventi allucinati e graffianti. È una propulsione di parole quella esibita dalla nostra «eroina fatta di eroina» che ripercorre in prima persona le vicende di una generazione talentuosa, dei suoi amori, dei tradimenti. Della droga. È un sogno che se ne frega della scansione temporale. Difetta di logica. (...) È sacrificata la coerenza - proprio come accade nell’opera di Andrea Pazienza - per un bisogno trasversale di attraversamento, che peraltro sembra il più adatto a percorrere le vicende di questa generazione. Poi c’è la musica rap (...) a narrare l’involuzione di una generazione annebbiata dai social-network, naufraga del web, che poi si arrende allo splendore del sole-pentothal. (...)”
Doriana Legge (teatroecritica.net)
di e con Marta Dalla Via
e con Omar Faedo (Moova)
Simone Meneguzzo (Dj MS)
Michele Seclì (Lethal V)
Alessio Sulis (Rebus)
Giovanni Zaccaria (Zeth-Caste)
e con Roberto Di Fresco (Giobba)
scene e costumi Michela Benestà, Roberto Di Fresco
produzione Fratelli Dalla Via
in collaborazione con La Piccionaia - Centro di Produzione Teatrale Gold Leaves
Prossime date
Nessuna data in programma
Scheda tecnica
Scheda tecnica non disponibile.
Seguici su