SALVO BUON FINE
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Una storia di denuncia che sembra un'esperienza personale. Ben interpretato e coinvolgente.
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Tutti dovrebbero vedere questo meraviglioso lavoro di Lorenzo Bartoli! Intenso, Esilarante, Cinico, VERO..
Io sono una figlia.
Noi siamo tutti figli.
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Narrazione, happening e funzione religiosa assieme.
Il racconto del sacrificio di un padre per assicurare un futuro luminoso al figliol prodigo e "beone". Alla morte del padre, il figlio si ritrova in un vortice assurdo e amaro: un mutuo non saldato, funzionari di banca, capi di funzionari di banca, notai, burocrazia…
Il racconto dei fatti emerge a tratti, ciò che importa e lega lo spettacolo è l’incazzatura che Lorenzo Bartoli offre al pubblico, assieme al suo intimo ricordo-confessione del padre e alla riflessione su quel passaggio di vita.
È uno spettacolo onesto con un linguaggio personalissimo e in continua evoluzione: se al primo debutto si sentiva preponderante il tono religioso e i tempi dilatati, adesso lo spettacolo scorre più fluido, e la storia viene maggiormente condivisa col pubblico e resa universale.
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Dal titolo ti aspetti uno spettacolo di denuncia allo strapotere finanziario. Anche, ma la storia narrata da Lorenzo Bartoli è poetica, molto personale, struggente. Commovente!! Quello ke muove le fila dello spettacolo è un padre generoso, un figlio inconsapevole della propria fortuna e il rammarico di doversi rivolgere a questa realtà solo quando l'ometto del mutuo si fà avanti, rappresentando un dio ke chiede, chiede, e ancora chiede per rimettere i peccati di un padre ke già aveva adorato quel dio, sacrificandogli la sua stessa esistenza. Il linguaggio usato all'inizio dello spettacolo è sornione, nel senso vero del termine!
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testo intenso, pieno di poesia e di giusta rabbia. Una storia che è così reale da diventare mistica, dolorosa. Grande Lorenzo Bartoli che con ironia forza e inventiva ha saputo esprimere l'incazzatura e l'impotenza di noi"figli nati dal padre" trascinati in un vortice incontrollabile.
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Un'istantanea che cattura la realtà di una generazione, una realtà amara e rabbiosa raccontata però con grande ironia e lucidità. Lo spettacolo è emozionante, l'attore bravo, il testo intelligente, le musiche bellissime. Vi consiglio di non perderlo assolutamente!
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Spettacolo particolare con una tematica molto attuale, il menefreghismo emotivo votato al dio denaro. Ben contestualizzato, mischia emozioni e protesta. Toccante, energico, spigoloso, innovativo.
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Lorenzo Bartoli, con la sua semplicità ti racconta un vangelo di verità. una generazione di beoti. Si ride, molto. Si pensa, molto. ci si commuove. Un fantastico attore, un bellissimo spettacolo. Un prato di sogni. grazie Lorenzo!
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lorenzo bartoli è interprete e autore fuori dall'ordinario. uno spirito leggero e amaro bussa alla porta delle nostre coscienze, mette in allarme , denuncia i 'Capi, che mai si mostreranno ', con sorriso e sana rabbia . 'bisognerebbe ogni tanto occupare le banche' e viaggiare verso i Guaranì , in moto guzzi. musiche dense. si ride e si piange. da vedere da vedere da vedere .
Pagine
Sinossi
Nasce da una reazione, dalla perdita, dalla morte, dall’assurda condizione disumana di necessaria lucidità, quando non ci sarebbe nulla di più umano che perdersi nel dolore.
Da una grande amarezza e dal tentativo di addolcirla con il pretesto di una grandiosa incazzatura.
E’ un monologo/performance che prevede in alcune parti il coinvolgimento del pubblico. L’attore individua tra gli spettatori il Padre e il Figlio ai quali consegna una lettura da leggere in un rito che, come ironica messa profana, si rifà al linguaggio biblico. Una domanda resta sospesa: Padre, dov’è la salvezza? Poi l’inganno; un personaggio ambiguo sottopone il Padre ad una singolare ipnosi costringendolo, con un cialtronesco raggiro, a firmare un mutuo trentennale. Seguono giorni kafkiani in cui, dopo la morte del padre, un figlio è costretto a sempre più inquietanti dialoghi con funzionari di banca, notai, cancellieri e assicuratori. Spinto dalla rabbia e dal dolore, nei pochi momenti di pace, punta il dito contro i responsabili: entità senza faccia in grado di far funzionare la repubblica burocratica in cambio di stipendi fissi e carriere. Infine una lettera al padre, tra adulti.La salvezza è uno spiraglio nelle scelte che l’uomo decide di compiere? Il resto è privato.
Perchè questo titolo? Salvo buon fine è una clausola che appartiene alla tecnica bancaria. Ma cos’è per chi non si intende di economia e finanza? Mi è chiaro quando penso ad un padre che salva il buon fine del figlio. E mi è chiaro anche il suo opposto, che interpretando “salvo” come “eccetto”, salvo buon fine allora non contempla speranza, tutto tranne il buon fine. Ecco, come di fronte alla perdita improvvisa del padre.
Bisognerebbe anche occupare le banche: un sottotitolo preso in prestito da un altro sottotitolo, esattamente così com’è. Un omaggio all’opera di Luciano Bianciardi, è lui che sottotitolò così Le cinque giornate. “…lascino perdere i giovanotti con il ritratto del Che Guevara in camera,… gli istituti universitari, ma si concentrino sulle banche e sulle televisioni, i centri del potere economico e dell’informazione: sono quelli gli obiettivi sui quali concentrarsi se si vuole fare davvero la rivoluzione.” Era il 1969.
Di e con: Lorenzo Bartoli
Musiche: Massimiliano Bressan e Massimo Valerio
Scena: Manuela Savioli
Luci: Massimiliano Bressan
In collaborazione con A.C.T.I. Teatro Indipendente
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